Francia, Inghilterra, Egitto… il terrorismo persiste. Gli adulti spiegano che è una forma di violenza che rischiamo di alimentare, innescando un processo di emulazione, con i post su internet e con l’eccessivo spazio che i mass media riservano a questo fenomeno. Ma che impatto ha nella nostra vita?

Abbiamo, perciò pensato di rivolgere alcune domande ad un nostro insegnante: “Il terrorismo è per me legato ad alcune immagini che si sono impresse in maniera indelebile nella mia memoria e che risalgono agli anni ‘70,  quando ero bambino. Sono immagini poco nitide, in bianco e nero, consumate dal tempo. Eppure hanno lasciato in me un profondo senso di sgomento e di tristezza: il mio maestro che entrava con il volto scuro in aula per dare la notizia dell’uccisione di Aldo Moro, l’edizione straordinaria del telegiornale di una calda mattina di agosto del 1980, la paura sottile che mi pervadeva ogni volta che prendevo un treno.  Dopo tanti anni sembra non essere cambiato niente, è la parte più oscura e crudele dell’uomo che riemerge con un volto nuovo. Che cosa posso dire? Non abbandonare la quotidianità delle piccole cose, non lasciarsi vincere dalla paura, non lasciarsi assuefare dalla ‘banalità del male’.”
Ma noi, adolescenti, cosa ne pensiamo?
“Non c’è più pace, né sicurezza” afferma un ragazzo “vogliono solo comandare”. È così che la pensano anche molti altri, affermando che il terrorismo è fonte di paura e che non ha a che fare con la religione, ma è solo questione di soldi e politica.
Molti definiscono questi criminali “vigliacchi”, fanno gli attentati poi si nascondono dietro la religione; altri dicono che la cosa migliore per distruggere il terrorismo è non “dargli resto”, se abbiamo paura facciamo solo i loro interessi.
Uccidere le persone solo a causa delle differenze è mostruoso.