La Collegiata si trova nella parte superiore del colle sul quale sorge Monte San Vito.

È il simbolo per eccellenza del paese e custodisce i segni del passato, rintracciabili soprattutto nei dipinti che fino a pochi mesi fa erano custoditi nell’edificio sacro. In seguito all’evento sismico la chiesa è stata a lungo chiusa per lavori di consolidamento e i dipinti trasferiti presso il Museo diocesano di Senigallia. La messa in sicurezza della Collegiata può essere considerata conclusa, anche se per ripristinare la condizione precedente al terremoto, risultato di un lungo e paziente restauro terminato nel 2016, saranno necessari ulteriori lavori.

L’edificio, simbolicamente adottato dal Consiglio Comunale dei Ragazzi di Monte San Vito,  è inserito all’interno dell’Ama (Atlante dei monumenti adottati) della Fondazione Napoli 99.

Storia e descrizione

Nel mese di luglio dell’anno 1753 il sig. Antonio Rosselli, cui è intitolata una via di questo paese, ebbe l’idea di edificare una nuova chiesa al posto della vecchia, danneggiata dal terremoto del 1741, che avrebbe dovuto essere demolita. Ottenne dal governo del Paese la licenza per abbattere alcuni grossi alberi della vicina selva per la fornitura dei legnami necessari alla costruzione. Depositò duemila scudi presso il Monte di Pietà impegnandosi a versarne centocinquanta all’anno fino al termine dei lavori. La nuova chiesa, su disegno presentato dall’architetto Cristoforo Moriconi, doveva sorgere accanto al palazzo dei Priori.

La Chiesa venne ultimata il 28 giugno 1766  dopo tredici anni di lavoro, durante i quali la popolazione, facendo il cosiddetto passamano dalla vicina fornace in contrada Metrano, portò sul luogo i tanti mattoni necessari. La Chiesa Collegiata è dedicata a San Pietro. Essa è costruita in stile tardo-barocco con tratti Vanvitelliani e neoclassici. Vanvitelli è il celebre architetto che ha progettato la reggia di Caserta e che ad Ancona ha realizzato il Lazzaretto e la Chiesa del Gesù.

Il campanile, come pure la facciata principale della chiesa non poterono essere completati per mancanza di mezzi. Il campanile, secondo il progetto originario, avrebbe dovuto addirittura superare in altezza l’imponente cupola. La facciata, se realizzata, avrebbe avuto caratteristiche simili a quella della  chiesa del Gesù di Roma del Vignola o della Basilica di Loreto.

riproduzione del progetto della facciata custodito in canonica

L’interno della chiesa è ripartito in tre navate suddivise in quattro campate le prime tre delle quali sono aperte sui lati tramite archi a tutto sesto. La quarta campata è costituita da un’apertura sormontata da architrave sostenuta da due colonne. Lo stile adottato per le decorazioni è quello corinzio del quale si ammirano i capitelli fogliati e i fregi.

Alla Chiesa si accede attraverso la bussola, struttura in legno costituita da tre porte principali.  Nella parte soprastante è visibile in alto lo stemma di Monte San Vito sorretto da due angeli. 

Dalla navata centrale si può ammirare il grande organoa canne che risale al 1820 ritenuto da sempre un Vici da Montecarotto. Ha una cassa in legno con una tastiera di cinquanta tasti, ventisette canne di facciata ed un pregevole mantice elettrico e ventitré registri. Viene suonato da esperti in particolari circostanze.

La navata centrale si apre nel grande spazio centrale coperto dalla cupola. Questa appoggia su un tamburo illuminato da finestre ellittiche decorate da putti e festoni. Il presbiterio è racchiuso in uno spazio rettangolare delimitato da quattro colonne. 

Tra le colonne si trovano due cantorie con parapetti curvi aggettanti. L’abside termina con parete curva al centro della quale si trova il grande dipinto che raffigura il martirio di San Vito. L’ingresso è coperto da  un’elegante cantoria che è sostenuta da quattro colonne. Al centro della cantoria si trova l’organo.

La cupola, con il suo tamburo d’appoggio, si eleva da terra per circa 32 metri, su di essa svetta la lanterna nella cui parte interna è visibile la colomba simbolo dello spirito santo. L’altezza complessiva della struttura è di quasi 39 metri. Nella parte interna, tutti attorno, sono visibili dei putti che si protendono ancorati alla cupola per mezzo di un’anima di ferro, realizzati da uno scultore architetto di Ancona, Gioacchino Varlè, amico del Vanvitelli. I putti sembrano guardare verso il basso come per celebrare la liturgia insieme alla comunità.

A partire dalla direttrice dell’altare maggiore sono raffigurati: San Giuseppe, Sant’Agostino, San Vito, San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, San Paolo.

Nelle lunette del transetto destro e del transetto sinistro  si trovano altre due finestre ai lati delle quali Varlè eseguì  quattro rilievi, raffiguranti coppie di putti in stucco di gesso, impegnati a sorreggere un libro chiuso (il Libro della Vita) e un libro aperto a sinistra, e intenti a mostrare i simboli della liturgia cristiana (incenso e palma) e del potere papale (tiara papale) a destra. Alla base della volta dell’abside, sempre dal Varlè, venne realizzato il Trionfo della Croce, dove angeli ed arcangeli avvolti e allo stesso tempo sorretti da una morbida nuvola contemplano e presentano la Croce, simbolo della morte e resurrezione di Cristo.

Altre due statue, rappresentanti la Fede e la Speranza si trovano nel transetto destro.

I dipinti della Collegiata