Sterminio di massa…genocidio…è questo ciò che si è verificato in Europa dagli anni ’30. Ebrei, rom, omosessuali, qualsiasi creatura considerata imperfetta agli occhi della “razza superiore”, veniva usata come cavia.

Una testimonianza preziosa dal passato.
 
“I soldati tedeschi non erano umani, erano bestie” dice Igino Gobbi, reduce della seconda guerra mondiale, prigioniero in un campo di concentramento. Gli adolescenti della scuola secondaria Dante Alighieri rivivono le emozioni attraverso il racconto di Gobbi.
Il tutto si svolge il 27 gennaio, un giorno troppo importante per essere trascurato: la Giornata della memoria.
Il luogo più adatto per queste occasioni è sempre il Carlo Urbani.
“A chi arrivava in ritardo alla partenza per il lavoro versavano l’acqua gelida sulla schiena. La maggior parte moriva sul momento o strada facendo”.
Le sue parole crude riescono a impressionare gli studenti, che non avrebbero mai immaginato simile crudeltà.
L’ex soldato esterna tutte le emozioni e parla con difficoltà.
Al solo ricordo i suoi occhi si riempiono di lacrime.
È stata dura per lui riuscire a scrivere un libro, esternare i suoi più tristi ricordi … aveva deciso di dimenticare … non è stato semplice.
Il suo lavoro è intitolato “Mi dicevano sempre: Tanto morirai”.
Il titolo è riferito alle scoraggianti parole dei soldati tedeschi.
“Gli americani sono venuti a salvarci” dichiara poi con gratitudine.
Ricorda bene il lungo viaggio dal Lager di Wolfsburg fino al luogo in cui era cresciuto, Monte San Vito.
“Ero riuscito a sopravvivere, ora dovevo vivere” ricorda a sé stesso finalmente giunto a casa dopo lunghi anni.
Si chiedeva perché fosse ancora vivo, come mai proprio lui.
L’innocente domanda della nipotina: “Ma perché non ridi più come prima?” lo riportò alla realtà, si rese conto che doveva dimenticare.
Non poteva permettere al passato di influenzare il suo futuro.
La frase che si è sempre ripetuto per riuscire a non arrendersi è: “Mi avevano tolto la dignità, non i miei sogni.”
Poi Gobbi si è sentito quasi costretto a scrivere il libro: il ricordo di tutti i compagni che aveva visto morire ingiustamente davanti ai suoi occhi.
Per questo, secondo lui, è giusto tramandare, trasmettere i ricordi alle generazioni future, perché la morte di milioni di persone, non sia stata vana.
Grazie Igino…cercheremo di non dimenticare la tua testimonianza e diventare noi stessi testimoni.