Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

Queste parole si abbattono sulle coscienze di coloro che vivono lontano da quell’epoca, dagli anni in cui avvenne il tristemente famoso sterminio degli ebrei e di tutte le altre persone considerate imperfette dal regime nazista.
Le nuove generazioni non a conoscenza del passato, sono state spinte a sapere, a conoscere. Avere il coraggio di prendere un libro in mano e leggere le verità, le cose accadute realmente, le prove.
Una motivazione chiara e forte: è giusto sapere, è diritto e dovere di tutti.
Ricordare è fondamentale, tramandare alle generazioni future per non rendere vana la morte di tante persone. 
Quella gente, come noi, aveva il diritto di vivere, avere una dignità e un nome, essere qualcuno.
Nel libro “Se questo è un uomo” si parla di uno dei tanti ebrei deportati ad Auschwitz, durante la seconda guerra mondiale. 
Uno dei tanti ebrei strappati dalle loro case, dal loro paese. 
Uno dei pochi a tornare a casa. Si parla di Primo Levi.
Come spiega lui stesso all’inizio del viaggio, di 45 ebrei caricati sul suo stesso vagone, solo quattro tornarono a casa. Ed il suo fu un vagone fortunato.
I componenti erano uomini, donne, bambini e anziani. Chiunque, non importava chi fosse, bastava sapere fosse ebreo.
Venivano resi uguali. Non ci si riconosceva più.
Si perdeva la propria dignità e molte volte, la voglia di vivere. 
L’unico modo per far sì che non avvenga ancora, di nuovo, è ricordarlo per sempre.